mercoledì 20 giugno 2012

Harold




Mi si è seccato l'inchiostro del mouse. Vado ad intingerlo a sud.


citazione: "Sai Harold, secondo me gran parte delle brutture di questo mondo viene dal fatto che della gente che è diversa permette che altra gente la consideri uguale." harold e maude. h. ashby, 1971

domenica 17 giugno 2012

poesia

Sono una donna

Nessuno può immaginare
quel che dico quando me ne sto in silenzio,
chi vedo quando chiudo gli occhi
come vengo sospinta quando vengo sospinta,
cosa cerco quando lascio libere le mie mani..

Nessuno, nessuno sa
quando ho fame, quando parto
quando cammino e quando mi perdo,
e nessuno sa
che per me andare è ritornare
e ritornare è indietreggiare,
che la mia debolezza è una maschera
e la mia forza è una maschera,
e che quel che seguirà è una tempesta..

Credono di sapere
e io glielo lascio credere
e avvengo..

Hanno costruito per me una gabbia
affinchè la mia libertà fosse una loro concessione,
e ringraziassi e obbedissi...
ma io sono libera prima e dopo di loro,
con loro e senza di loro,
sono libera nella vittoria e nella sconfitta...
la mia prigione è la mia volontà!
La chiave della prigione è la loro lingua,
ma la loro lingua si avvinghia
intorno alle dita del mio desiderio,
e il mio desiderio
non riusciranno mai a domare..

Sono una donna...
Credono che la mia libertà sia loro proprietà,
e io glielo lascio credere
e avvengo..

(Joumana Haddad)
poetessa libanese

mercoledì 13 giugno 2012

Mentre andavo

Andavo per i campi
così, per conto mio,
e non cercare niente
era quello che volevo.

E lì c'era un fiorellino,
subito lì, vicino,
che nella vita mai
ne vidi uno più bello.

Volevo coglierlo,
ma il fiore mi disse:
possiedo radici,
e sono ben nascoste.

Giù nel profondo
sono interrato;
per questo i miei fiori
son belli tondi.

Non so amoreggiare,
non so adulare;
non cogliermi devi,
ma trapiantare.

(Johann Wolfgang Goethe)

 

 

lunedì 11 giugno 2012

donne, più probabilmente

Ha indossato la camicia, ha preso l'ombrello
non ha detto parola
nemmeno io.

Dopo che se n'è andato

sono rimasta innanzi allo specchio
ho estratto la lingua
per vedere se erano rimaste impigliate delle parole.
Purtroppo ho visto solo muscoli e vene.
Ho ritirato la lingua
sono scoppiata a ridere
la risata non è una parola - poi ho infranto lo specchio.

Da quel momento

ho continuato a infrangere specchi
invano
cercandone uno
che non riflettesse
più, uno specchio
che infrangesse me.


A'ISHA ARNA'UT




A'ISHA ARNA'UT è una poetessa musulmana.
Non so null'altro.

chi abbia indossato la camicia, poco importa. Se ci si riferisca ad un uomo, alla vita stessa. al sogno, agli entusiasmi smorzati...
Cosa voglia dire in termini reali: ho ritirato la lingua, ho infranto lo specchio, poco importa. Se ci riferisca alla fuga verso la propria follia, al sorriso che non sboccia più con naturalezza, al rimedio di sentirsi cinici...
La vera nota ancora vitale in queta poesia è la ricerca, ancora, nonostante tutto, del passaggio successivo, quello che è penetrato in fondo al pozzo del cuore, quello capace di infrangere, scuotere dentro. L'infrangersi di un qualcosa che restituisca materia, seppur spezzata.

Spesso ho la netta sensazione che si viaggi su di un tapis roulant. Pedine composte, qualcuno che sorpassa, ma in generale passi oleosi verso una stessa direzione.

Tutte le ferite sono cicatrici rappezzate. Patrimonio di ognuno. Senza tara, senza verdetto. Distinte solo dalla propria interiore capacità di assorbimento. Chi non ne esce fuori, chi getta sale sulle cicatrici si affeziona al dolore, non riparte. E smette di cercare il vetro che possa infrangerlo, oltre quel passaggio, alla ricerca di nuove dmensioni che riperpetuano un'immagine riflessa che non esiste più. se non riflessa nei mille pezzi sparsi ovunque, in ogni singolo pezzo infranto. 


Se mi fossi fermata alla violenza, se mi fossi fermata alla dolorosa indecenza di una indifferenza, di una distrazione del cuore sarei ancora lì a cercare piccoli frammenti di me riflessi sul selciato. 

Ci si ricompone con cuore a pezzi. Necessariamente. Per smettere di cercarsi ovunque. E ovunque dispensare le colpe. Per smettere di piangersi addosso e puntare il dito della colpa verso chiunque si incontri.
Per restituirsi più possibilemnte interi, affinchè gli altri, quelli verso cui abbiamo dovere e compito di “riflesso”, possano seguitare a sognare prima di ritirare la lingua, infrangere il loro specchio. Se sarà così che dovrà andare anche per loro.